A oltre un secolo dall’epoca di massimo fulgore del Panettone Baj e dopo svariati decenni di oblio, due diretti pronipoti di Giuseppe Baj, Cesare, con un passato di editore, progettista di giocattoli scientificie aviatore, e Tomaso, suo figlio, designer della comunicazione, hanno sentito un’ancestrale, irresistibile attrazione.
Riguardando i cimeli della produzione dolciaria del loro antenato, le belle réclames risalenti a quasi un secolo e mezzo prima, le robuste confezioni per la spedizione postale dell’epoca, le idilliache fotografie che mostrano i frugoletti di Giuseppe e Teresa in mezzo ai panettoni, in pose destinate a reclamizzare i prodotti di famiglia, i due pronipoti hanno sentito una sorta di “richiamo cromosomico” verso questo settore dell’imprenditoria a essi fino a quel momento estraneo. È così nata l’idea di riavviare una produzione del Panettone Baj in versione “Xxi secolo”, che unisse i pregi di una ricetta vecchia di due secoli e mezzo alle più moderne tecniche di produzione.

Per curare tutti gli aspetti produttivi sono stati coinvolti alcuni dei massimi esperti del settore dolciario, persone con decenni di attività alle spalle proprio nel settore del prdotto da forno, in grado di gestire ai massimi livelli la scelta degli ingredienti e il controllo di qualità, ovviamente nel rispetto della ricetta originale.

I Baj hanno riversato la nell’impresa un’esperienza maturata in vari settori dell’imprenditoria e in particolare in quello della comunicazione e dei media. Ecco le scelte fondamentali. «Sulla forma non c’è dubbio. Il Panettone Baj deve essere “basso”. Quanto agli ingredienti, devono essere di qualità eccellente, come quelli naturali usati nei secoli passati». In sintesi, il Panettone Baj del Xxi secolo dovrebbe essere riconosciuto come un eccellente panettone del Xix secolo, se potesse essere assaggiato da Giuseppe Baj in un ideale test di qualità “attraverso le ere”.Ovvero avere i pregi di quello che vinse premi e medaglie all’Esposizione di Milano del 1887 e in varie esposizioni universali.

«Certo – continuano i Baj – un panettone con queste caratteristiche si situa assolutamente e volutamente nella fascia alta del mercato. Tuttavia il panettone non è un bene di consumo primario e si acquista poche volte all’anno. Sarebbe dunque un vero peccato negarsi il piacere di un prodotto sopraffino e negare a se stessi e ai propri cari l’opportunità di un affinamento del gusto e di una crescita di consapevolezza gastronomica e alimentare per risparmiare il valore di qualche caffè.»
Chiediamo infine ai Baj quale sia stata la molla più intima che li ha indotti a trasformare in un moderno brand i cimeli di un’antica attività custoditi in famiglia. «Il piacere di onorare un antenato mai conosciuto, ma con cui sentiamo un forte legame ideale, fondato sull’ammirazione per il suo grande spirito imprenditoriale.»

«Poi c’è il senso di nostalgia per un periodo splendido della nostra storia, gli ultimi decenni dell’Ottocento, connotati dal grande progresso della scienza e della tecnica, dal forte spirito cosmopolita e dal prorompere delle prime avanguardie letterarie e artistiche.
È affascinante il sottile legame del panettone con l’“aeropoeta” Marinetti e con il Futurismo, rivoluzionario movimento culturale,
al quale – dice Cesare Baj– mi sento legato anche come aviatore.

Da ricordare che proprio nei primi anni del Novecento i cieli si popolarono di macchine volanti.»
«Inoltre pare bella l’idea di poter aggiungere un granellino di eccellenza all’eccellenza di cui l’Italia è maestra, nel campo del panettone come in ogni altro settore del gusto, del design e dell’inventiva.»
«Infine c’è il piacere di appartenere, pur quale minuscola entità, al Club non costituito, ma esistente di fatto, dei produttori di panettone di alta qualità. Questi, per oltre due secoli, con e senza il bisnonno Giuseppe, hanno tenuto alto il vessillo della milanesità e dell’industria italiana nel mondo con i loro eccellenti prodotti. Per questo motivo meritano universale ammirazione e riconoscenza.»
Finiamo con un motto? «Pensando all’antenato Giuseppe e sperando di operare degnamente nella sua memoria: Milan l’è on gran Milan».